Ciclo del successo

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Written on 10:17 by Anonimo

Una delle metafore utilizzate più di frequente nell’ambito dei corsi di motivazione e leadership personale è quella della camminata sui carboni ardenti. Carboni veri, che ardono realmente, ad una temperatura che oscilla tra i seicento e gli ottocento gradi. Ci si trova lì, all’inizio della pista, con di fronte circa sei metri di ustionante carbone che brilla e fiammeggia rosso nella notte buia. Sembra impossibile riuscire a trovare il coraggio di appoggiare i nostri delicati piedi, che si scottano soltanto camminando sulla sabbia di una spiaggia scaldata dal sole, in quel manto incandescente. Non è possibile. Non possiamo farcela senza aiuti chimici o senza un trucco. Un limite troppo grande? No, solo una convinzione molto grande. Come facciamo a rinunciare a questa nostra convinzione, che quel carbone non ci ustionerà i piedi? La risposta è una: la nostra mente. Concentrazione, un lavoro di ricostruzione delle nostre credenze, un grido a squarciagola per darci carica ed energia, e si parte. Con il cuore che batte forte, camminando passo dopo passo, in un batter di ciglia siamo arrivati alla fine. Incredibile, ce l’abbiamo fatta, abbiamo superato un limite che ritenevamo invalicabile, siamo arrivati indenni al nostro traguardo. Nessuna scottatura, solo tanta emozione e nuove motivazioni.

Una volta capito il funzionamento di questo meccanismo, siamo in grado di cambiare qualsiasi nostra convinzione, eliminando comportamenti improduttivi e abitudine nocive. Un meccanismo che ci restituisce il possesso del nostro corpo e del nostro spirito. Come abbiamo fatto a non bruciarci e ad accedere a queste nuove incredibili risorse? Semplice, attivando quello che si chiama “ciclo del successo”: la nuova credenza che abbiamo ci ha focalizzato su quello che siamo in grado di fare e ha aperto le porte a nuove risorse. Risorse che abbiamo sempre avuto ma che non sapevamo di possedere, risorse cui ora possiamo accedere quando vogliamo. Dalle risorse poi si passa all’azione: adottiamo cioè nuovi comportamenti che ci forniscono nuovi e insperati risultati. Risultati positivi che non fanno altro che andare a confermarci l’effettiva esattezza della nostra credenza. In questo modo ci consentono di accedere con convinzione sempre maggiore alle nuove risorse. E così via, in un ciclo infinito di successo (o di insuccesso, qualora la credenza iniziale sia di tipo limitante).

Immaginiamo due amici, uno molto timido e sfiduciato, l’altro sicuro di sé e molto fiducioso. Entrano in un bar, si siedono al tavolino; due ragazze sedute al tavolino vicino li guardano e si mettono a ridere. Cosa pensiamo che succederà? Semplicemente il primo ragazzo penserà che lo stanno prendendo in giro e stanno ridendo di lui; il secondo invece crederà di aver sedotto altre due ragazze solo con il suo sguardo. Qual è la verità? Nessuna delle due, o meglio entrambe. Per ognuno di quei ragazzi quella è l’unica verità, l’unica che va a confermare le proprie convinzioni di partenza. In realtà le due ragazze potrebbero aver riso per tutto altro motivo, ma non è questo che ci interessa. A noi interessa capire solo che le convinzioni che noi abbiamo vengono confermate in ogni caso, nel bene e nel male, nel potenziante e nel limitante. Il grande Henry Ford, fondatore della omonima casa automobilistica, diceva che “se tu pensi di potercela fare o di non potercela fare, hai comunque ragione”. Il ciclo del successo (credenza > risorsa > azione > risultato > credenza), ci porterà comunque a confermare le nostre idee, quali esse siano.

La questione dunque non è nella verità di una credenza, ma nel suo effetto e nei risultati che otteniamo. Se noi crediamo di essere timidi, come ci comporteremo ad una festa? Ci daremo da fare e andremo a conoscere le persone che ci interessano, oppure staremo tranquilli e buoni con le poche persone che già conosciamo? E soprattutto, quanto impegno ci metteremo a uscire fuori dai nostri schemi? Molto poco. E se invece cominciassimo a credere che siamo degli ottimi seduttori, cosa faremmo? Non importa se questo sia vero o no, sicuramente daremo il massimo, ci impegneremo fino in fondo per ottenere il nostro obiettivo. Passeremo all’azione con sicurezza e determinazione; e questa stessa sicurezza la trasmetteremo agli altri.

Immaginiamo un venditore: se parte già sfiduciato perché non crede nel prodotto o non crede in se stesso, in che modo comunicherà ai clienti? E così quando il cliente gli dirà di no, egli penserà “Lo vedi che avevo ragione? Non sono affatto un grande venditore!”. Se al contrario fosse partito con maggiore fiducia, con delle credenze potenzianti, avrebbe trasmesso sicurezza e sicuramente avrebbe ottenuto risultati migliori. E se anche qualcuno gli avesse detto di no, sarebbe andato avanti con determinazione e appena ricevuto un sì, avrebbe pensato “Lo vedi che avevo ragione? Sono un grande venditore!”. Alla fine abbiamo sempre e comunque ragione. Sta solo a noi decidere che direzione prendere, se entrare nel ciclo del successo in senso potenziante o limitante.

E allora non vogliamo più sentirci insicuri e titubanti? Vogliamo diventare determinati? Basterà andare alla ricerca, nella nostra memoria, nel nostro jukebox mentale, di tutte le volte che ci siamo sentiti sicuri di noi, delle situazioni in cui ci siamo comportati come se nulla potesse fermarci. Prendiamo questi riferimenti positivi e mettiamoli insieme: dobbiamo creare una solida base per la nostra nuova convinzione.
Il celebre formatore internazionale Anthony Robbins, nei suoi testi motivazionali, utilizza la metafora del tavolo per descrivere una convinzione. Immaginiamo un tavolo e le gambe che lo sostengono. Il piano del tavolo è la convinzione, le gambe sono quei riferimenti e quelle esperienze della nostra vita che la confermano, su cui quindi poggia la convinzione. Noi ne possiamo creare da zero una qualsiasi che ci sia utile ad affrontare la vita con maggiore forza e coraggio, attaccando nuove gambe a nuovi piani.

Vogliamo smettere di essere timidi? Disegniamo il tavolino della timidezza, con tutti i suoi riferimenti. Chiediamoci se sono ancora validi. Ad esempio il fatto che la mamma ci definiva timidi da piccoli significa per forza che siamo timidi ancora oggi? E il fatto che ci piaceva stare da soli significa per forza che siamo timidi? Forse siamo solo un po’ riservati, o semplicemente stiamo bene con noi stessi, laddove molte persone si sentono realizzate solo quando sono in compagnia. Forse questo è un gran segno di sicurezza, non di timidezza. E infine chiediamoci quanto ci è costato finora vivere con questa etichetta sulla spalle. Quanto ci è costato, e quanto ci costerà ancora vivere con l’identità di persone timide? Quante opportunità abbiamo perso a causa di questa nostra credenza limitante? E allora decidiamo ora di sentirci degli ottimi seduttori! Andiamo a cercare nella nostra mente, nel nostro jukebox di ricordi, il disco giusto, proprio quel disco che contiene tutti gli episodi in cui ci siamo sentiti affascinanti o in cui qualcuno ci ha considerato tali. Prendiamo questi riferimenti e utilizziamoli come gambe del nostro nuovo tavolino e cominciamo subito a credere che effettivamente siamo persone magnetiche.

Ora, prendiamo questa convinzione e visualizziamola nella nostra mente, come un'immagine solida, nitida, luminosa e vicina a noi. Con una cornice altrettanto solida, marmorea, irremovibile, salda. Incidiamo su di essa la nostra convinzione: “io sono un ottimo seduttore”. Ora, ogni volta che lo riteniamo opportuno, guardiamo questa immagine, visualizziamola con l'occhio della mente: in breve tempo, ci convinceremo a tal punto di essere quello che abbiamo deciso, che ci comporteremo da persone affascinanti e magnetiche in ogni occasione. E alla fine il nuovo modo di comportarci, basato sulla nuova credenza di noi e di quello che siamo, forgerà la nostra nuova identità. Identità che però stavolta ci siamo scelti e che rispetta pienamente i nostri valori, senza dipendere da interferenze e commenti esterni.

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