Considerazioni

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Written on 06:58 by Anonimo

Boot Camp funziona e, per essere una "beta non supportata" funziona anche bene. I passi per installare Windows sul nostro Mac mini si sono rivelati essere veramente semplici e immediati, praticamente comparabili a quelli di una normale installazione di Windows su un comune PC. L'aspetto sicuramente più interessante è il fatto che mediante l'interfaccia grafica il procedimento viene reso accessibile anche agli utenti meno smaliziati.

Piuttosto convincenti sembrano essere i driver che vengono resi disponibili per il funzionamento delle componenti hardware sotto Windows: non si è verificato alcun problema di stabilità o compatibilità e i sommari test effettuati hanno anzi dimostrato che i driver sono ad un buon punto di ottimizzazione. Del resto, come abbiamo visto nella recensione di Mac mini, si tratta di componenti hardware piuttosto standard.

Restando in tema di test: chiaramente la piattaforma Mac mini non consente di eseguire test più intensivi, soprattutto per quanto riguarda la parte video, che rislutino essere attendibili. Ci siamo limitati, quindi, ad un semplice confronto indicativo, a parità di piattaforma hardware, delle prestazioni che i due sistemi operativi sono in grado di assicurare. Ci auguriamo di poter avere a disposizione quanto prima un altro sistema Macintosh, magari proprio un MacBook Pro, per poter condurre anche altri test più completi, da paragonare ad altre macchine attualmente in commercio.

Il discorso sulle prestazioni, comunque, lascia il tempo che trova: senza timore di smentita e sicuramente correndo il rischio di essere considerato "retrogrado" sono pronto ad ammettere che tutti i sistemi odierni (e a maggior ragione i sistemi dual-core) sono sovradimensionati per gli impieghi più comuni. Detto in altri termini, la stragrande maggioranza dei sistemi hardware attuali sono in grado di fare tutto, più o meno discretamente. Quello che conta, parlando di Boot Camp, non è quindi l'aspetto prestazionale, quanto quello relativo all'utilizzo "real-world".

Partiamo dall'inizio e facciamo qualche passo indietro. Nel giugno dello scorso anno quando Apple annunciò i piani per l'adozione dei processori Intel, Phil Schiller, Senior Vice President of Worldwide Product Marketing della casa di Cupertino, dichiarò che Apple non aveva allora alcuna intenzione di supportare direttamente Windows ma che non avrebbe fatto comunque nulla per impedire il funzionamento del sistema operativo di Microsoft sulle proprie macchine.

Adesso, invece, la mela morsicata si preoccupa attivamente di fare in modo che Windows possa essere installato sulle nuove macchine Mac-Intel. Certamente l'annuncio dato ieri, che occorre solo poche settimane dopo la comparsa in rete delle prime soluzioni "artigianali" per ottenere lo stesso risultato, può iniziare a destare qualche pensiero cattivo. Tuttavia, dopo averlo provato, ci sentiamo di affermare che Boot Camp non è una soluzione abbozzata "all'ultimo minuto" ma un prodotto al quale Apple ha pensato da diverso tempo. Il fatto che sia divenuto pubblico in tempi così vicini alle soluzioni artigianali è probabilmente solo una mera coincidenza. Quello che non sappiamo dire, tuttavia, è se Apple lo scorso giugno mentì sapendo di mentire, o se il progetto Boot Camp è postumo al passaggio dei Mac verso i processori Intel. Ma si sa, Steve Jobs non è certo persona che si sia mai trovata in imbarazzo a ritrattare le proprie dichiarazioni.

Quel che è certo è che Boot Camp segna una svolta nella storia di Apple: dopo 30 anni anche le macchine di Cupertino possono "ospitare" un sistema operativo Microsoft. La domanda da porsi, quindi, è: "Perché Boot Camp?". La risposta sembra essere banale: "per aumentare le quote di mercato". E' infatti incontestabile che Boot Camp non è destinato a coloro che sono Mac-user da anni e che hanno sempre vissuto (se bene o male non spetta a me giudicarlo) senza Windows.

Boot Camp è destinato a due tipologie di utenti: quelli che vorrebbero passare a Mac ma ancora non si sentono "pronti" e quelli che vorrebbero passare a Mac ma non possono farlo per via della mancanza di strumenti software, ad essi necessari, sulla piattaforma OSX. In entrambi i casi Boot Camp rappresenta la soluzione per mantenere una rassicurante e indispensabile copia di Windows funzionante in modo nativo su un'unica macchina. In altri termini sembra che Apple, con Boot Camp, abbia pubblicato un messaggio a caratteri cubitali: "Ora non avete alcuna scusa per non comprare un Mac".

Ma soprattutto Boot Camp rappresenta una risposta, condita dalla tradizionale tracotanza di Steve Jobs, proprio a Microsoft. I due colossi infatti si sono recentemente trovati in disaccordo in merito a Virtual PC, il software (acquisito lo scorso anno proprio dalla casa di Redmond) che permette di emulare Windows all'interno di Mac OS X. Microsoft, infatti, ha sempre proceduto piuttosto lentamente allo sviluppo del software, annunciando inoltre che la prossima versione non sarebbe stata rilasciata a breve.

Il futuro? E' sempre difficile prevederlo, specie quando di mezzo c'è una mela mordicchiata. In questo caso, poi, sono davvero moltissime le vie verso le quali la situazione potrebbe volgersi. Tutto quello che possiamo fare ora è solo un gran numero di supposizioni e aspettare ancora una volta che sia il mercato a dare le risposte.

Fondamentalmente sono due i filoni di pubblico che vanno a delinearsi dopo l'annuncio di Boot Camp: da una parte una schiera di utenti che vede la nuova utility come una manna dal cielo e dall'altra un nutrito gruppo di moderni Nostradamus convinti che Boot Camp segni l'inizio della fine di Apple Computer.

Mentre i primi sono convinti che, per le ragioni esposte sopra ovvero l'agilità di avere due sistemi operativi su una singola macchina, Apple riuscirà ad allargare la base del proprio installato e spingere così le software house a produrre più applicativi per Mac, il filone catastrofista è invece convinto dell'opposto, ovvero che la possibilità di avere Windows installato su un Mac porti le software house ad essere sempre meno motivate a eseguire il porting di applicazioni verso Mac OS X (che rappresenterebbe anche un risparmio di risorse) innescando così un pericoloso circolo vizioso che porterebbe alla scomparsa di Mac OS X dal momento che a lungo andare non esisterà più software per questa piattaforma.

Non è possibile trarre ora conclusioni, se non del tutto affrettate. Bisogna poi considerare che Boot Camp è (per ora) solamente una fase beta di un applicativo che non è ancora chiaro in che modi verrà distribuito e come sarà effettivamente implementato nella versione finale. La casa di Cupertino ha già annunciato che Boot Camp sarà una tecnologia presente in Leopard, la futura major release di Mac OS X. Leopard verrà presentato in anteprima nel corso della Worldwide Developer Conference del mese di Agosto e sarà rilasciato sul mercato presumibilmente entro la fine dell'anno. Considerati i tempi di rilascio è ragionevole pensare che in Leopard si possa già seriamente parlare di virtualizzazione dove Boot Camp, che oggi permette di utilizzare i due sistemi solo in modalità dual-boot, potrebbe rappresentare un elemento chiave della virtualizzazione secondo Apple.

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